Albert Einstein Biografia la vita e le scoperte di un genio.

La Storia è piena di personaggi che con le loro azioni, opere o idee, hanno cambiato il corso degli eventi e la Storia stessa, e Albert Einstein è una di quelle persone che può essere annoverata di diritto tra questi.
Parlare del padre dell’odierna fisica quantistica e uno dei maggiori geni della moderna scienza non è così semplice, soprattutto perché si narra che il genio che tutti conosciamo da bambino non possedesse delle particolari attitudini, facendo peraltro nutrire ai genitori e agli insegnanti delle scuole elementari qualche dubbio, se non delle vere e proprie serie apprensioni, circa il suo sviluppo mentale.

In alcuni momenti della sua vita Albert Einstein fu anche considerato come una sorta di ritardato anche a causa della sua lentezza nel parlare e del suo aspetto fisico in ragione, soprattutto nei primi 10 anni, della sua testa incredibilmente ampia e appuntita rispetto al corpo, tale da far credere alla madre di aver partorito un bambino deforme.
Oggi viene fondatamente ritenuto una tra le più grandi menti che la scienza abbia mai avuto, ma la sua strada all’inizio non è stata facile come i suoi successi potrebbero far pensare.

Vedi anche : Tutte le Frasi famose di Albert Einstein

Albert Einstein – Nascita e infanzia

Albert Einstein nacque in Germania il 14 marzo 1879 nella cittadina di Ulma, all’interno di una famiglia di origine ebraica; il padre, il cui nome era Hermann, era un piccolo imprenditore (aveva infatti una piccola ditta che produceva apparecchiature elettriche), mentre la madre, il cui nome era Pauline Koch, era una insegnante di musica.

Prima di arrivare alla primissima adolescenza, Albert Einstein ebbe dei seri problemi sia linguistici che di collegamento mentale; fino quasi all’età di tre anni fu praticamente muto e non disse che pochissime parole, dai tre ai sette faticò molto a esprimersi (ripeteva principalmente solo tutto ciò che gli veniva detto e si esprimeva sostanzialmente a gesti) e solamente verso la fine dei sei anni iniziò ad esprimersi in modo completamente autonomo, fino a raggiungere una completa proprietà solo al compimento dell’ottavo anno.

Nonostante queste difficoltà Albert fu uno studente classificabile nella media anche a causa delle complessità che aveva giornalmente, derivante dalla sua scarsa prontezza di riflessi, e dalla sua facoltà oratoria che, come abbiamo visto, era molto deficitaria.

Einstein riuscì a superare queste difficoltà, ovvero che le parole gli erano molte volte di incaglio al pensiero come disse egli stesso più di una volta, grazie al fatto che queste prendevano forma nella sua mente mediante delle immagini prelevate da alcune fantasie mentali che seguivano immediatamente le sue intuizioni che, come sua stessa ammissione in più di un’intervista, erano sempre comunque piuttosto tarde.
Non lo sapeva ma questo esercizio era solo un anticipo dei successivi esperimenti ideali da cui presero forma le sue più famose teorie nel campo della fisica.

Einstein era un bambino molto preciso e minuzioso (una sua caratteristica era quella di riuscire a costruire dei castelli di carta praticamente perfetti e molto alti) ma era anche molto stizzoso e irascibile; sono famosi gli episodi in cui, rispondendo a dei rimproveri della sua insegnante di violino, una volta le tirò addosso uno sgabello e un’altra provò ad aprire la sua scatola cranica mediante una paletta di metallo da giardino.

La sua infanzia la passò a Monaco, che in quell’epoca era un vero e proprio baluardo non solo del militarismo, ma soprattutto del cattolicesimo tedesco, fino all’età di quindici anni; nonostante fosse ebreo Albert seguì tuttavia gli studi elementari in un istituto cattolico, in quanto questo era situato proprio vicino alla sua casa.

In questa scuola, oltre alle nozioni scolastiche, Einstein formò alcune delle sue più profonde convinzioni nell’ambito religioso e di quelle del pacifismo; all’interno dell’istituto era infatti in vigore una ferrea disciplina, che aveva come fine quello di preparare i ragazzi (era una scuola esclusivamente maschile) principalmente al servizio militare.

La rigidità scolastica (l’uso di bacchettare le mani sul palmo e sul dorso era la normalità) e un episodio relativo ad una spiegazione di religione (l’insegnante fece vedere un grosso chiodo arrugginito e lo mostrò alla classe dicendo veementemente: “Ecco uno dei chiodi che gli ebrei hanno usato per crocifiggere Gesù!”) incisero fortemente sulla personalità di Einstein.


Egli infatti non solo divenne un pacifista convinto ma decise anche, all’età di quattordici anni, di uscire definitivamente dalla comunità israelitica e di non aderire mai più a nessun tipo di culto religioso.

L’adolescenza, la svolta caratteriale e la nascita dell’interesse scientifico

Fino a quando non ebbe quasi dieci anni Albert non riusciva a eseguire speditamente le operazioni aritmetiche più elementari ma proprio a partire da quell’età due persone cambiarono il corso della sua esistenza.
La prima fu il fratello ingegnere di suo padre, lo zio Jakob, il quale, dandogli ripetizioni di aritmetica, intuì le specifiche predisposizioni per la matematica di Albert e le coltivò sotto forma di allettanti rebus e giochi matematici.


Questi erano molto diversi dai classici problemi che davano a scuola come compito e così facendo riuscì far assimilare al nipote in modo totalmente naturale le prime nozioni di algebra.
Possiamo quindi affermare senza ombra di dubbio che lo zio fece un proprio e vero capolavoro in considerazione di quanto poi realizzò il nipote nel corso della sua vita.

La seconda persona importante nello sviluppo di Albert fu uno studente russo che settimanalmente veniva accolto in casa Einstein; questi prima passò ad Albert tutte le riviste scientifiche che leggeva e successivamente, al compimento dei dodici anni, gli diede in regalo un manuale di geometria (uno degli oggetti più cari ad Einstein che oggi è possibile vedere all’ Università di Princeton e dove sono ancora ben individuabili le note scritte da Albert bambino a margine delle pagine) che scatenò una vera e propria dedizione per la matematica.


Questa lo portò, all’età di quattordici anni, a comprendere perfettamente materie non solo come l’algebra o la geometria analitica, ma anche del calibro del calcolo differenziale e integrale che veniva insegnato esclusivamente negli ultimi anni all’università.

Il suo amore per la scienza, però, aveva radici molto più antiche e iniziò all’età di quattro anni quando suo padre, in occasione di una malattia, gli regalò una semplice bussola; questo dono non solo lo scosse da quella pigrizia intellettuale che faceva credere a tutti che soffrisse di deficienza mentale, ma soprattutto le domande che si fece in relazione al motivo per cui l’ago magnetico si dirigeva sempre nella stessa direzione, scatenarono in lui quella curiosità scientifica che non lo avrebbe mai più abbandonato.

Arriviamo quindi nel 1895 quando Einstein raggiunse il padre e la madre che si erano trasferiti l’anno prima in Italia per motivi di lavoro; egli sfruttò questa situazione anche per evitare il servizio militare in quanto, per la legge tedesca allora in vigore, qualunque individuo di sesso maschile che non si fosse trasferito all’estero definitivamente prima di compiere il diciassettesimo anno di età, avrebbe dovuto effettuare l’intero servizio militare di leva in Germania.

Albert, ha raccontato più volte la sorella, si assicurò un certificato medico e riuscì a partire per Pavia, dove già erano residenti sia suo padre che sua madre; essi infatti avevano aperto con un socio italiano una piccola fabbrica di dispositivi elettrici, le Officine elettrotecniche Nazionali Garrone – Einstein, che poi spostarono nella città di Milano dove, tra l’altro, riposa ancora il padre sepolto nel Cimitero Monumentale.

L’inizio degli studi universitari

In questo periodo Einstein scrisse il suo primo articolo scientifico e, viste le sue attitudini ma anche alcuni problemi economici che si erano abbattuti sulla famiglia, i genitori nel 1896 decisero di mandarlo in Svizzera al Politecnico di Zurigo dove dovette dare un esame di ammissione in quanto non aveva terminato gli studi alla scuola tedesca.

Nella prova eccelse, ovviamente, in matematica e fisica dimostrando una conoscenza tale delle materie da meravigliare i commissari, ma fu un vero e proprio disastro nelle altre discipline, soprattutto umanistiche, e come risultato ebbe una prevedibile bocciatura da parte della commissione.


La sua eccezionale preparazione nel campo matematico e fisico, però, non passò inosservata e lo stesso direttore del politecnico spinse Albert a frequentare per l’anno in corso la scuola cantonale svizzera di Abrau, al termine del quale, grazie al diploma di abilitazione da essa rilasciato, nel 1897 poté quindi tranquillamente iscriversi direttamente alla facoltà di Fisica e Matematica dello stesso Politecnico.

Nei successivi quattro anni Einstein non solo studiò voracemente tutte le materie scientifiche, sia da un punto di vista filosofico che tecnico, ma trovò anche la sua prima compagna di vita.
Successe al Caffè Metropole, un famoso locale situato sulla riva del fiume Limmat dove Albert, conobbe e cominciò a frequentare una sua compagna di studi, anch’essa studentessa di matematica, che aveva una particolarità: era l’unico studente donna ammesso alla scuola.

Mileva Maric, questo il nome della ragazza, era di nazionalità ungherese ma di lingua serba ed era una sorta di rifugiata in quanto aveva dovuto lasciare il suo Paese per sottrarsi al predominio magiaro; era una donna molto intelligente che non solo aveva gli stessi interessi di Albert, ma anche un carattere molto forte e questo aiutò molto Einstein nei primi momenti dopo la laurea in matematica e fisica che conseguì nel luglio del 1900.

Nel corso degli studi al Politecnico Albert prese due decisioni importanti; la prima fu quella di dedicare i suoi interessi principalmente alla fisica rispetto alla matematica e la seconda, strettamente correlata alla prima, di dedicarsi all’insegnamento; questa decisione la prese in quanto riteneva che in questo modo potesse avere molto più tempo da dedicare ai suoi studi sulla fisica.

Il periodo post universitario

Einstein cercò quindi di ottenere un posto come insegnante di scuola media inserendo nel suo curriculum il fatto che era in grado di insegnare anche materie scientifiche come la fisica ma venne immediatamente scartato; ebbe un rifiuto anche la domanda riguardante l’assegnazione di un posto come assistente universitario allo politecnico di Zurigo.
In questo caso, però, furono le sue origini ebree e, paradossalmente, la sua preparazione scientifica che era di molto superiore a quella della maggioranza del corpo docente, a sbarrargli la strada.

Albert quindi passò un periodo di ristrettezze mangiando poco e dormendo in una stanza poverissima, ma una segnalazione anonima al direttore dell’ufficio brevetti di Berna (pare proprio da parte di uno dei suoi professori del Politecnico) gli consentì di avere un’esistenza più che signorile.


Einstein fu assunto nonostante la sua sintetica ma sincera risposta (”assolutamente niente”) alla domanda su che cosa sapesse fare nell’ambito del lavoro proposto fatta durante il colloquio di assunzione, che stupì e convinse lo stesso il direttore a dargli un posto da capoufficio, dove doveva esaminare le invenzioni che richiedevano il brevetto scrivendo per ognuna un breve rapporto conclusivo

Alla fine di quell’anno, il 1901, Einstein mutò radicalmente la sua vita in quanto prima si trasferì definitivamente a Berna, prendendo in questo modo anche la cittadinanza svizzera, e contemporaneamente decise di convolare a nozze con Mileva Maric (cosa che fece solamente nel 1903).


Nonostante il loro amore, non si può dire però che questo fu un matrimonio fortunato a causa anche del fatto che la stessa Mileva, donna molto intelligente e dal carattere risoluto, era una ricercatrice ed entrambi erano quindi troppo presi dai propri interessi scientifici rispetto alla loro vita di coppia.

Si divisero per questa ragione i compiti familiari e alla nascita nel 1904 di Hans Albert, loro secondo figlio, (il primo, Lieserl, nacque nel 1902 ma morì dopo pochi mesi di vita l’anno seguente) il padre, cosa assolutamente fuori dal comune per l’epoca, se ne occupò più della moglie.


Grazie al suo posto all’ufficio brevetti Albert poteva riservare quasi tutto il suo molto tempo libero alla ricerca scientifica rimanendo comunque in contatto con alcuni professori di Zurigo e con tutto il mondo accademico in generale, proseguendo nello studio su alcuni problemi di fisica teorica

I primi lavori e il mirabilis annum

Il risultato di questa alchimia di fattori fu che nel 1902 fu pubblicato il suo primo lavoro relativo allo studio dei fenomeni di capillarità a cui seguirono, nell’arco temporale tra il 1902 e il 1904, altri quattro lavori che riguardavano la teoria cinetica della materia.

Era il preludio per quello che fu l’anno della consacrazione della genialità di Albert Einstein in cui egli riuscì a concepire alcune delle teorie che, insieme a quella di Copernico, Galileo, Newton o Darwin, possono essere tranquillamente immesse tra le più innovative, e in un certo senso rivoluzionarie, in tutta la storia delle scienze.

Nel 1905, infatti, pubblicò sulla rivista scientifica tedesca degli Annali della Fisica (Annalen der Physik), lo stesso giornale che aveva già divulgato alcuni tra i suoi primi lavori, i suoi scritti più famosi e storici, il primo dei quali, datato 17 marzo, fu uno studio teorico sull’effetto fotoelettrico e una conseguente ricerca sull’elettrodinamica dove andava a dimostrare la teoria dei quanti di Max Planck da esso pubblicata 5 anni prima.


La luce si propagava mediante un effetto ondulatorio ma accanto ad esso egli comprovava che ce n’era un altro, che in certi fenomeni risaltava maggiormente, di tipo corpuscolare ovvero che la luce veniva emessa o assorbita esattamente come un corpuscolo che Einstein chiamò prima particella e, al completamento della sua teoria, quanto di luce o fotone; con questi studi relativi all’interpretazione del fenomeno dell’ ”effetto fotoelettrico” aveva gettato le basi per la futura fisica quantistica.

Il secondo lavoro, pubblicato l’11 maggio, riguardò una ricerca sui moti browniani relativi alle caratteristiche che assumevano delle particelle che erano sospese in un liquido e quindi erano soggette agli urti dovuti al movimento termico delle stesse molecole di liquido; questo studio riusciva a confermare quello che al momento era solo più che un’ipotesi ovvero che la struttura della materia fosse di tipo atomico-molecolare.

Tra i due scritti venne pubblicata il 30 di aprile la sua tesi di dottorato che riguardava la determinazione delle dimensioni molecolari secondo dei nuovi parametri.

Nel terzo scritto, pubblicato verso la fine del mese di settembre del 1905, veniva quindi enunciata la teoria della cosiddetta relatività ristretta e la sua formula universalmente conosciuta (E=mc2) grazie alla quale si riusciva non solo a spiegare ma anche a risolvere la contraddittorietà presente nelle leggi di trasformazione che sono espressamente valide per la fisica meccanica e quelle che invece sono esclusivamente valide per la fisica elettromagnetica e di tutti i suoi fenomeni.

La rilevante, pregevole ma soprattutto innovativa e rivoluzionaria pubblicazione scientifica di Einstein cambiò in breve tempo la sua vita in quanto caddero definitivamente tutte quelle barriere che gli preclusero l’impiego come assistente universitario al politecnico di Zurigo.

La carriera universitaria

Proprio a Zurigo ebbe, nel 1909, la sua prima cattedra universitaria, seguita poi da quella di Praga nel 1911 dove conobbe Franz Kafka e Max Brod, che mantenne però per poco tempo perché dopo pochi mesi si trasferì di nuovo a Zurigo.
Successivamente, e siamo nel 1914, si spostò a Berlino dove fu non solo nominato direttore generale dell’Istituto Kaiser Wilhelm, carica che ricoprì fino alla sua fuga precipitosa negli Stati Uniti nel 1932, ma anche membro dell’accademia delle scienze di Prussia con un incarico di docenza come professore all’Università di Berlino, dove poté collaborare e confrontarsi con i maggiori fisici dell’epoca ovvero personaggi del calibro di Gustav L. Hertz, Max Planck, Max von La e Jacob Franck.

Einstein si sentiva perfettamente realizzato in quanto era particolarmente contento degli accordi che aveva preso con l’istituto Kaiser Wilhelm perché questi contemplavano che egli riservasse quasi tutto il suo tempo esclusivamente alla ricerca, cosa che amava di più al mondo.

I suoi successi scientifici e lavorativi, però, come detto non andavano di pari passo con la sua situazione matrimoniale; dopo la nascita del loro terzo figlio, Eduard, avvenuta nel 1910, i rapporti con la moglie Mileva si fecero sempre più difficili soprattutto a causa del loro ossessivo rapporto con il lavoro scientifico, ma non solo, giungendo così a divorziare agli inizi del 1919 con un accordo scritto che prevedeva, oltre una rendita annua, anche l’ammontare di una certa percentuale su eventuali premi e o rendite che Einstein avrebbe potuto vincere o percepire in virtù dei suoi lavori e delle sue scoperte.

Einstein, però, non rimase a lungo solo in quanto verso la fine dello stesso anno convolò in seconde nozze con la figlia del fratello minore di suo padre, la cugina Elsa Einstein, che aveva ricominciato a frequentare un paio d’anni prima in quanto anch’essa viveva nella capitale.


Elsa era da tempo divisa dal marito e, soprattutto, in attesa del divorzio e il fatto che essi erano stati bambini vivendo l’uno accanto all’altro, il ricordo affettuoso dei molti momenti felici passati in gioventù che li legavano, andarono ad acuire il già traballante rapporto con Mileva e diedero il colpo di grazia al primo matrimonio di Einstein.

Questa, invece, fu per entrambi un’unione veramente felice che i due vissero in modo indissolubile fino alla morte di lei, avvenuta improvvisamente quando tutti e due erano già negli Stati Uniti nel 1936.

Albert Einstein – Il premio Nobel

Nel 1921 Einstein fu insignito del Premio Nobel per la Fisica non, per quanto si possa pensare, per via della sua teoria della relatività (a quella ristretta del 1905 egli aggiunse quella della relatività generale formulata nel 1915 dando pieno significato alla famosa formula E=MC2) bensì per il suo speciale contributo alla fisica teorica, riguardante la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico che confermava la teoria di Plank secondo la quale l’energia della materia si potesse trasmettere mediante minuscole entità discrete, chiamate quanti.

Paradossalmente, quindi, Einstein fu premiato non per la scoperta della relatività generale dove riusciva a chiarire eventi che rimanevano fuori dalla portata della legge di Newton sulla gravitazione universale come, ad esempio, l’incurvamento dei raggi luminosi che transitano accanto ad una massa specifica come quella del Sole.

Questa teoria fu confermata da due diverse spedizioni che ebbero luogo nel 1919 durante l’eclisse generale di sole del 29 maggio e il 6 novembre dello stesso anno Arthur Eddington comunicò ufficialmente in una relazione alla Royal Society la conferma della validità degli enunciati della relatività generale e fu proprio questo annuncio che fece di Albert Einstein uno dei più noti uomini mondiali, anche tra quelli che non facevano parte del mondo accademico.

Einstein, però, non si godette mai il meritato premio del Nobel in quanto nel 1922, in base agli accordi presi durante le pratiche del divorzio, lo girò quasi per intero alla ormai ex moglie Mileva e diede in beneficenza ai poveri di Berlino la restante minima parte.

Il rapporto con il nazional socialismo

Come abbiamo precedentemente visto, Einstein era un fervente pacifista e questa convinzione, che era nata dalla sua esperienza scolastica tedesca, era poi cresciuta nel corso degli anni; con l’avvento delle idee nazionaliste in Germania Einstein cominciò ad opporsi a quel tipo di ideologia fino a quando, alla fine del 1932, fu praticamente costretto dalle persecuzioni antisemitiche del neonato partito nazional socialista di Hitler a lasciare il Reich e si trasferì, dopo un breve periodo passato in Belgio, definitivamente negli Stati Uniti.


Il suo rifiuto al nazismo fu praticamente istantaneo e deciso e dopo le sue dimissioni dall’ Accademia delle scienze di Prussia e la sua fuga verso gli Stati Uniti, il governo tedesco reagì non molto bene a questa sua decisione: cominciò infatti una campagna denigratoria sia da un punto di vista umano che scientifico, confiscò quindi tutti i suoi beni rimasti in Germania, bruciando pubblicamente i suoi scritti bruciati in pieno centro a Berlino ma soprattutto mise letteralmente sulla sua testa una grossa taglia (pari a circa ventimila marchi), azione che, per fortuna, rimase solo nelle intenzioni e su cui Einstein scherzò più di una volta.

La sua vita negli Stati Uniti

Una volta che fu naturalizzato cittadino statunitense (poteva dirsi cittadino del mondo dopo quella tedesca, svizzera e austriaca), si stabilì a Princeton dove insegnò Fisica Teorica alla relativa Università – più precisamente all’Institute for Advanced Studies dell’Università di Princeton – fino al 1945, anno in cui si ritirò definitivamente dall’attività accademica attiva.

Einstein ebbe nel periodo dal 1939 al 1945 un comportamento totalmente antitetico, se non bipolare, su una serie di eventi:

– Era un fervente pacifista ma fu uno dei primi firmatari nell’agosto del 1939 della storica lettera al presidente degli Stati Uniti, Fanklin Delano Roosevelt, in cui si informava non solo che i tedeschi avrebbero potuto realizzare in modo pratico la fissione dell’atomo attivando quindi la reazione a catena, ma anche del possibile impiego di questa tecnologia in ambito militare da parte dei tedeschi, dando quindi l’incipit al famoso progetto Manhattan che condusse alla realizzazione della prima bomba atomica.

– Dopo aver fatto nascere la fisica quantistica e la rivalutazione dello spazio-tempo, Albert Einstein contribuì anche alla nascita dell’era di cui stiamo vivendo le ultime fasi, quella nucleare di cui si pentì dopo aver visto gli effetti dei bombardamenti su Nagasaki e Hiroshima.

– Non vedeva di buon occhio la nascita di uno stato ebraico ma nonostante ciò appoggiò così entusiasticamente la causa che gli fu proposta addirittura la prima presidenza del neonato stato di Israele dopo la morte del presidente fondatore Chaim Weizmann nel 1952.

– Era grato agli Stati Uniti d’America di averlo accolto ma non esitò a scagliarsi contro la loro politica sul nucleare, proponendo addirittura di condividere con i russi i risultati che erano stati ottenuti ed essendo quindi tacciato di comunismo ed accusato anche di tradimento, soprattutto per delle idee espresse nei confronti di Lenin e con tutte le conseguenze del caso, dagli stessi americani; Einstein rispose sempre per le rime avendo anche duri scontri con il senatore Mac Carthy, primo sostenitore della cosiddetta pulizia sovversiva in vigore negli anni ’50 negli Stati Uniti, paragonando la politica interna ed estera statunitense a quella della Germania sotto l’imperatore Guglielmo II.

Queste ultime furono alcune tra le motivazioni per cui, alla fine del 1945, Albert Einstein lasciò definitivamente sia l’attività di ricerca che quella scientifica in generale, ritirandosi ad una riservatissima vita privata.

Passò così altri dieci anni, insieme alla sorella Maya Einstein (con lui già dal 1939) e alla figlia superstite di Elsa che, avendo anche lei divorziato dal marito, decise di stabilirsi a Princeton col patrigno dopo la morte della sorella prima e della madre poi, fino a quando, il 17 aprile del 1945, nel pomeriggio si sentì improvvisamente male e il giorno successivo, a causa di una emorragia addominale causata da un aneurisma dell’aorta morì all’età di 76 anni.

Le sue opere maggiori

Effetto fotoelettrico e teoria quantistica

Gli studi più importanti, per cui ebbe il premio Nobel, furono quelli che riguardavano l’effetto fotoelettrico dove Einstein ampliò la teoria che Max Planck espresse nel 1900 secondo la quale lo scambio di energia intercorrente tra la radiazione le la materia avvenisse mediante delle particelle cariche e pacchetti con una grandezza che era possibile determinare grazie alla formula E = h ν dove v è la frequenza della carica oscillante mentre h è la co­stan­te di Planck

L’estensione di Einstein della teoria di Plank fu nel determinare che ogni forma di radiazione poteva essere quantizzata riuscendo quindi ad interpretare per primo un fenomeno che era stato scoperto da poco e conosciuto effetto fotoelettrico, riconoscendo quindi la particella carica, il quanto, come una vera e propria entità fisica reale.

Einstein riprese più volte questi studi fino ad arrivare, nel 1923, ad affermare che anche la luce può essere definita come un insieme di quanti, ovvero un flusso di particelle cariche di energia, teorizzando la presenza di specifiche particelle che vennero chiamati fotoni.

Modificò quindi il concetto della formula di Plank (E = h ν) assumendo che un elettrone potesse essere espulso dalla sua orbita atomica esclusivamente nel momento in cui veniva colpito da una particella carica (il fotone) che avesse un’energia minima pari a E=h ν0, con ν0 che rappresenta il valore soglia specifico della materia considerata.

La teoria della relatività: da quella ristretta a quella generale

La seconda opera per cui è universalmente conosciuto è quella sulla relatività e della sua formula derivata: E=mc2.

Questi studi si dividono però in due parti tra loro complementari; i primi, effettuati nel 1905, riguardo alla cosiddetta relatività ristretta, i secondi del 1914-1915 che riguardano invece la relatività generale.

La differenza tra le due è che la seconda comprende anche il fattore gravitazionale, escluso invece dall’applicazione di tutti gli altri fenomeni fisici che sono presenti nella relatività ristretta.

Con la teoria della relatività generale, comprovata già nel 1919, Einstein abbatté quella granitica certezza secondo la quale sia lo spazio che il tempo fossero delle entità assolute e immodificabili, rendendole adattabili l’una all’altra a seconda del sistema (punto) di riferimento che si adotta; ciò non solo è valido per lo spazio, come già ampiamente dimostrato, ma anche per la variabile tempo.

Esso infatti ha uno scorrimento diverso a seconda dei vari sistemi di riferimento adottato e ciò mise in discussione non solo le leggi della dinamica classica, anche altri enunciati come, ad esempio, quello della contemporaneità.

Secondo la teoria di Einstein le leggi newtoniane, infatti, avevano una loro valenza e attendibilità fino al momento in cui la velocità del corpo non fosse arrivata molto vicino a quella della luce, dove sia lo spazio che il tempo non potevano più essere considerati delle costanti ma dipendevano dal punto di osservazione preso, diventando di conseguenza relative ad esso sia come percorrenza che come durata del fenomeno deducendo quindi la modalità di come la materia potesse curvare lo spazio-tempo stesso.


Riconoscimenti di Albert Einstein:

  • Nel 1921 gli fu assegnato il Premio Nobel per la Fisica.
  • Nel 1926 gli fu assegnata la Medaglia d’Oro della Royal Astronomical Society.


Ad Albert Einstein sono stati dedicati:

  • l’elemento chimico einsteinio.
  • la Medaglia Albert Einstein, che dal 1979 viene consegnata al fisico che si sia particolarmente distinto nel suo ambito di ricerca.
  • il Premio Einstein.
  • l’asteroide: 2001 Einstein.
  • il cratere Einstein sulla Luna.
  • l’unità di misura Einstein per l’energia raggiante
  • l’osservatorio astronomico Torre Einstein